Venti Mesi

di Renzo Segre
con Giulio Costa
selezione dei testi Margherita Mauro

Dopo la promulgazione delle leggi razziali, marito e moglie ebrei si rifugiano in una clinica psichiatrica fingendosi pazienti in cura. Venti mesi vissuti con l’angoscia di essere scoperti, deportati o uccisi: una drammatica storia vera ripercorsa attraverso la lettura di un diario intimo, appassionante e commovente. 

“Circa la nostra vita, o per meglio dire, il nostro lungo incubo, durato cinquecento giorni e cinquecento notti, non ha importanza ricordare le privazioni materiali, i disagi della vita in comune in un ambiente di esaltati, le violente cure che io dovevo subire per dar verosimiglianza, rispetto all’entourage di centinaia di persone, della mia presunta malattia. Ogni fatto, ogni episodio, ogni ora di questo lungo periodo, molte brutte, parecchie tremende, altre insignificanti, erano tutte sovrastate da una permanente nera nube di minaccia, che mozzava il respiro, che rendeva insipido ogni discorso, che riempiva d’incubi le notti, che ci faceva improvvisamente troncare una conversazione con cui si tentasse di evadere per qualche istante dalla dura realtà.
Poter essere solo fucilati alla chiara luce del sole, e non torturati nelle tane delle belve in divisa, o, con lunga agonia, nei campi di annientamento, era un prezzo che molte volte avremmo voluto poter pagare, per scacciare la nube che ci soffocava.
Essere poi vicini a persona cara, più che sé medesimo, e che condivide la stessa alea atroce, ben lungi da quanto possono credere ragionatori superficiali, non è un sollievo, ma un’aggravante del male, perché il terrore che si ha per la sorte propria è moltiplicato per mille per la sorte dell’altro.
I nervi si assottigliano giorno per giorno, i capelli incanutiscono, a crisi di disperazione succedono propositi di resistenza, ai momenti più bui si intercalano pallidi raggi di speranza, di subito oscurati.
Pur colla sua fervida fantasia, Dante per i suoi dannati non ha immaginato una simile pena: attesa per sé e per i propri cari di un male atroce, eppure noi che questa pena abbiamo subito, possiamo dire che non è inferiore ad un sopportabile male in atto”. (Renzo Segre)

“Mi sono sempre chiesta se mio padre avrebbe voluto pubblicare il diario […] Il dovere di testimoniare è diventato per me un imperativo morale in tempo di revisionismo storico e legittimazione di nuovi fascismi. Pensare che anche questa piccola storia possa aggiungere una goccia di conoscenza di quei tempi, mai completamente finiti, ha costituito per me l’incitamento determinante a tirare fuori dal cassetto della mia memoria lo scritto di mio padre” (dalla Premessa di Anna Segre).

Rassegna Stampa

A salvare Renzo Segre fu il prof. Carlo Angela, a cui è stata conferita la Medaglia dei “Giusti tra le nazioni”.
Per approfondire, si consiglia la lettura dell’intervista al figlio, Piero Angela.
“Mio padre ‘giusto tra le nazioni’, salvò tanti ebrei e non volle mai dirlo” di Marina Paglieri (repubblica.it, 27.1.2018)
“Venti mesi per salvarsi dalla Shoah” di Federica Pezzoli (estense.com, 29.1.2018)

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Foto di Daniele Mantovani

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