Maria Paiato prova la terza puntata
16 Giugno 2016
Torna all'elenco degli articoliUn’abitudine nella quale si era riannidato Don Fabrizio ridiventato sereno era quella delle letture serali. In autunno, dopo il Rosario, poiché faceva troppo buio per uscire la famiglia si riuniva attorno al caminetto aspettando l’ora di pranzo, ed il Principe leggeva ai suoi, a puntate, un romanzo moderno; e sprizzava dignitosa benevolenza da ognuno dei propri pori.
Erano quelli, appunto, gli anni durante i quali, attraverso i romanzi si andavano formando quei miti letterari che ancor oggi dominano le menti europee; la Sicilia però, in parte per la sua tradizionale impermeabilità al nuovo, in parte per la diffusa misconoscenza di qualsiasi lingua, ignorava l’esistenza di Dickens, di Eliot, della Sand e di Flaubert, financo quella di Dumas. Il livello delle letture era quindi piuttosto basso, condizionato com’era dal rispetto per i pudori verginali delle ragazze, da quello per gli scrupoli religiosi della Principessa e dallo stesso senso di dignità del Principe che si sarebbe rifiutato a far udire delle “porcherie” ai suoi familiari riuniti.
Si era verso il dieci di Novembre ed anche alla fine del soggiorno a Donnafugata. Pioveva fitto, imperversava un maestrale che spingeva rabbiosi schiaffi di pioggia sulle finestre; lontano si udiva un rotolio di tuoni. Si leggeva “Angiola Maria” e quella sera si era giunti alle ultime pagine.
Ad un tratto si udì un gran tramestio nella stanza vicina e Mimì il cameriere entrò col fiato grosso: “Eccellenze” gridò dimenticando tutta la propria stilizzazione “Eccellenze! è arrivato il signorino Tancredi! È in cortile che fa scaricare i bagagli dal carrozzino. Bella Madre, Madonna mia, con questo tempo!” E fuggì via.